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Cucina bergamasca: i piatti tipici della tradizione

L’offerta culinaria della Bergamasca è in grado di soddisfare ogni palato, senza alcun rischio di poter lasciare qualcuno insoddisfatto! Questa è infatti terra ricca di prodotti gastronomici vari e gustosi, dalla polenta classica o taragna (condita con gli eccellenti formaggi di un’antica ed ottima tradizione casearia) alla selvaggina, dagli stufati ai formaggi e dove, per finire in assoluta bellezza, non mancano certo dolci e buon vino. Da non dimenticare c’è poi la castagna preparata nei modi più vari (biligocc e barole) e il miele, altro prodotto primario nella provincia di Bergamo, che conta oltre 1200 apicoltori ed è protetto dal marchio di origine e qualità dei prodotti apistici costituito dall’Associazione Provinciale Apicoltori nata nel 1985. Fra i classici Polenta e funghi primi piatti bergamaschi vengono subito alla mente i “Casonsèi de la bergamasca“, piatto estremamente povero e di facile preparazione, nato per utilizzare gli avanzi delle carni suine e bovine, che poi con il passare del tempo si è affinato fino ad ottenere gli onori della tavola, sia per la qualità della sfoglia che per quella del ripieno, arricchitosi rispetto alla ricetta tradizionale, con l’aggiunta di amaretti, uva sultanina, pera spadona e scorza di limone. A seguire altro primo piatto famoso sono gli “Scarpinocc de Par“, preparati con pasta fresca e ripieno di carne; i metodi di lavorazione con cui sono creati sono gli stessi usati nei tempi passati e gli ingredienti estremamente genuini rispettano le ricette della tradizione. Bergamo ha inoltre antiche tradizioni casearie, che risalgono al tempo dei romani e che si sono sviluppate industrialmente in pianura già a partire dal XIII° sec., perfezionandosi soprattutto nella prima metà del ‘900. I formaggi bergamaschi racchiudono in sé un patrimonio culturale inestimabile, soprattutto nelle zone periferiche della provincia dove la tradizione ha ancora profonde radici. Il taleggio è forse il più conosciuto tra i formaggi, ma non vanno dimenticate le formaggelle della Val di Scalve e il formaggio Branzi. Anche la pasticceria bergamasca offre a tutti i golosi di che gioire! Particolarmente conosciute sono la dolcissima “Polenta e Osei”, a base di zucchero e cioccolato, e la “Turta del Dunisèt”, in omaggio al compositore bergamasco di fama mondiale Gaetano Donizetti che qui ebbe i natali.

BRANZI E IL SUO FORMAGGIO

Branzi

Branzi è il nome di un piccolo paese dell’alta Val Brembana che conta circa 750 abitanti, situato alla confluenza delle tre Valli Alte del fiume Brembo, un tempo sede di importanti mercati caseari e bovini, dove il 21 settembre, festa di San Matteo, numerosi commercianti si recavano per acquistare il formaggio che da essa prese il nome. Il Branzi, simile per alcuni versi ad altri formaggi alpini (come il Bitto, la Fontina, il Montasio, ecc.) ha un sapore unico, dolce e delicato da giovane e forte e tendente al piccante quando stagiona, per via delle caratteristiche pedoclimatiche e delle particolari essenze vegetali presenti nei foraggi della zona. Il Branzi deve molto della sua fortuna alla polenta taragna, una gustosa ricetta tipica della bergamasca, che nella tradizione contadina aveva il pregio di mettere insieme gli avanzi dei formaggi e di amalgamarli con l’impasto di farina gialla. Ricetta poi modificata con l’uso di un unico formaggio di qualità: il Branzi. Il paese, oltre ad essere famoso per il suo formaggio, ha un’ulteriore notorietà dovuta alle sue cave d’ardesia. La pietra di ardesia è una roccia quarzifera trasformata da processi dinamici molto intensi, durati milioni di anni, in porfiroide sericitico di colore grigio per la zona di Branzi e Carona, e di colore nero per la zona di Cambrembo. Questo porfiroide è facilmente divisibile in lastre molto sottili e, per la sua durezza e resistenza è paragonabile al granito e al gres. La pietra di ardesia viene comunemente usata per la copertura dei tetti, per le pavimentazioni ed anche per l’ornamento di case e muri. La tecnica della lavorazione dell’ardesia è tipicamente manuale, e l’abilità dei “piöder” viene tramandata da padre in figlio: una tecnica fatta di colpi sapienti e morbidi, portati con un martello sulle lastre ricavate a spaccatura, con una pressione decisa attuata tramite uno scalpello.

UNA LINGUA “OSCURA”

Polenta e Osei, il dolce

I misteri della provincia bergamasca iniziano già dal nome: numerose sono infatti le ipotesi avanzate per spiegare l’origine del toponimo Bergamo. È stata proposta un’origine indoeuropea del nome, accostandola al greco (Pérgamon) “cittadella, rocca”, ma anche alla base prelatina barga “capanna” o a nomi liguri quali Bergima, località nei dintorni di Marsiglia. Esiste anche un’ipotesi di derivazione germanica del nome, ma si scontra con l’assenza di documenti riguardo a insediamenti germanici nella zona prima della conquista romana. Di certo c’è comunque il fatto che Bèrghem è il toponimo utilizzato in dialetto bergamasco.

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